Non è mai facile raccontare l’Unione europea, specialmente in un tempo così complesso, caratterizzato da pericoli inediti ma anche da straordinarie opportunità.
La crisi provocata dalla pandemia è stata un evento devastante quanto inatteso, un vero e proprio spartiacque fra un mondo che ci è noto, che abbiamo imparato a conoscere, e una scena nuova che ancora facciamo fatica non solo ad interpretare ma anche a descrivere.
Con questo volume, Donato Bendicenti ci propone un contributo molto interessante poiché, oltre a ripercorrere i principali eventi politico-istituzionali che si sono susseguiti nel corso degli ultimi mesi in Europa, mette in ordine alcuni temi centrali del dibattito politico europeo.
Come ben sottolinea l’autore, le sfide che abbiamo di fronte sono impegnative e chiedono all’Europa una prova di grande unità. Per certi aspetti il virus è riuscito a mettere in evidenza tutte le contraddizioni di un mondo globale senza regole che, specialmente negli ultimi vent’anni, non ha fatto altro che produrre vere e proprie fratture nel corpo sociale, mettere in discussione la tenuta dei nostri sistemi democratici e incrinare spesso quel rapporto di fiducia tra cittadini e Istituzioni.
Oltre ad imparare a leggere la complessità con uno sguardo diverso, serve la forza per rilanciare il cantiere europeo e, come suggerisce l’autore, sostenere un’Europa che discuta, che sappia pazientemente trovare le giuste convergenze e fornire risposte ai bisogni delle persone.
Credo che sia nell’interesse dei nostri cittadini rafforzarci insieme e dunque, oggi più che mai, è necessario proteggere la nostra coesione, tutelare la nostra unità. Abbiamo capito, insomma, che non è accettabile un’economia senza morale, uno sviluppo senza giustizia, una crescita a scapito delle nuove generazioni.
Ecco perché penso che sia importante soffermarsi sul lavoro portato avanti dall’Unione europea in questo periodo, sicuramente fra i più complessi e drammatici della sua storia. Il Recovery Fund e il Next Generation EU rappresentano non solo la risposta alla pandemia e agli effetti che ha prodotto, ma anche un’opportunità per realizzare nuovi modelli capaci di conciliare
la crescita economica con il rispetto per l’ambiente.
Dico questo perché in fondo oggi tutto è connesso e dunque anche il progresso sociale ed economico non può dissociarsi da quello ecologico. La sostenibilità rappresenta quindi la sintesi del nostro agire ma anche il paradigma con cui decliniamo i temi dello sviluppo. È necessario quindi riappropriarci delle nostre radici e mettere al centro del pensiero un’etica della persona
che vada oltre la logica del profitto. Dobbiamo ripartire da questi valori e dalla consapevolezza che l’Europa funzionerà se ognuno riuscirà a fare il proprio dovere, se tutti saremo concentrati sulla ripresa, sulla riduzione delle disuguaglianze e, soprattutto, sull’impegno comune a lasciare alle nuove generazioni un futuro più giusto, con maggiori opportunità.
La politica non può essere per pochi e, in questo senso, credo che la Conferenza sul Futuro dell’Europa rappresenti una valida occasione per stimolare e coinvolgere le opinioni pubbliche. Questa iniziativa, che si sostanzia attraverso la partecipazione diretta delle Istituzioni nazionali e locali, della società civile, dei giovani, delle Università, delle imprese e del mondo del lavoro, vuole essere un momento di ascolto ma anche di elaborazione di idee.
Incoraggiare un’Europa che discute, che fa politica e che cerca convergenze significa rafforzare la democrazia e rendere i cittadini protagonisti di questa grande comunità.
Tuttavia, se vogliamo far diventare il nostro Continente protagonista e vero attore globale, è fondamentale individuare anche strumenti più efficaci, più flessibili e più resilienti. Come scriveva Jean Monnet, “l’Europa sarà forgiata dalle sue crisi” e credo che questo sia da sempre il motore dell’integrazione europea. Sulla politica estera, ad esempio, l’Europa deve far sentire la sua voce e definire i suoi interessi strategici affinché possa svolgere insieme ai nostri partner, in un quadro multilaterale, un’azione di stabilizzazione, di pace e di sviluppo.
È anacronistico, che su alcune materie – come appunto la politica estera – il Consiglio dell’Unione europea debba ancora decidere all’unanimità.
Come possiamo far innamorare i cittadini di una democrazia che blocca e si blocca, in cui valgono il diritto di veto e l’unanimità? Servono riforme e, in questo senso, il meccanismo democratico europeo deve essere all’altezza delle necessità e delle aspettative dei nostri cittadini.
Questo tempo ci dice che dobbiamo avere più coraggio e che su certe decisioni l’Europa non può più indugiare. La pandemia non può essere considerata una parentesi ma un forte invito a proiettarci nel futuro, ad interpretare i cambiamenti dei nostri tempi e ad aprirci alla complessità del mondo.
Un’Europa utile, che sappia guardare in profondità il nostro tempo, che non si accontenti – come scrive Donato Bendicenti “di navigare in modo sussultorio alla ricerca di sé stessa”, né tantomeno di auto-conservarsi. Servono grandi riforme ma, prima ancora serve rilanciare la centralità della politica intesa come capacità di disegnare il mondo che vogliamo e come dimensione essenziale della convivenza civile.
La prefazione di "Verso Casa. Il lungo viaggio dell’Europa per ritrovare sé stessa"
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Uno degli ultimi contributi del Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli
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